“Con ‘Una storia delle donne in 100 oggetti’ desidero condurre il lettore attraverso il passato come lungo un corridoio all’interno del quale, ogni tanto, apro una porta qua e là, prelevo un reperto da uno scaffale, ne metto in luce un aspetto o narro una storia.”
L’originale libro della Hirsch vuole creare, con una selezione assolutamente soggettiva, un universo fatto di donne e degli oggetti a esse appartenuti, un percorso al femminile nei secoli corredato da immagini e descrizioni: la statua di Hatshepsut (1479-1458 a.C.) ci racconta la storia della figlia di Thutmose I che, per questioni dinastiche, resse il regno d’Egitto per vent’anni. La statua la rappresenta donna (il seno) e uomo (la testa e il copricapo). La corona di monaca (XII sec.) che Ildegarda di Bingen faceva indossare alle sue consorelle andando contro le regole dell’epoca che le voleva col capo rasato. La machine (XVIII sec.) manichino ostetrico usato dalla signora du Cordray per istruire le levatrici dei villaggi. E ancora la copertina di “Le nouvel observateur”, manifesto delle 343 sgualdrine (5 aprile 1971) che ha spinto alla legalizzazione dell’aborto in Francia; “La donna rasata di Chartres”, fotografia di Robert Capa del 1944 che ritrae una delle migliaia di collaborazioniste, madre di una bambina avuta da un soldato tedesco. L’oggetto sicuramente più toccante è “La sacca di Ashley” (1852/1921) che racconta l’aspetto più tragico del commercio degli schiavi negli Stati Uniti: la divisione delle famiglie e, in particolar modo, la separazione delle madri dai propri figli.
“Questa mia storia delle donne non è né completa né definitiva e nemmeno si prefigge di esserlo. Vuole soprattutto solleticare il desiderio di continuare a rovistare, di prelevare altri oggetti dai ripiani della storia.”
Annabelle Hirsch lavora come giornalista per Frankfurter Allgemeine e altre riviste.
Consigliato da Giovanna della Casa delle Donne di Parma